UNA CITTÀ FERITA, DEVASTATA DALLA CRISI, GUARDATA ATTRAVERSO GLI OCCHI DEI GIOVANI, DELLE LORO INTEMPERANZE E LE LORO INQUIETUDINI
Un’opera in prosa e musica di Peppe Lanzetta scritto con Gaetano Liguori, Edoardo Guadagno e Rosario Minervini da un progetto dello stesso Gaetano Liguori, prodotto da Arteteca –Arte –Musica e spettacolo e Teatro Totò, che vede in scena Federico Salatore e Peppe Lanzetta con Enzo Romano, Francesca Marini, Massimo Masiello, Annamaria Toffanelli, Rosario Minervini, Ciro Petrone, Edoardo Guadagno. E ancora: Giusy Freccia, Nunzio Coppola, Marco Palmieri e la partecipazione di Caterina DeSantis e Davide Ferri e Ciccio Merolla Live Rap and percussion.
In scena anche il Balletto di “Pascià” composto da 9 ballerini.
Lo spettacolo racconta una città ferita, devastata dalla crisi, guardata attraverso gli occhi dei giovani, delle loro intemperanze e le loro inquietudini.
A Napoli lavora uno dei personaggi più particolari della letteratura: Peppe Lanzetta è autore e attore, e lotta per la sua città con una capacità letteraria fuori dal comune e con una interpretativa che ne fanno un vero, attualissimo, prezioso testimone. Questo figlio del Bronx, come ama definirsi, racconta come è approdato a scrivere ed interpretare “PASCIÀ”: “nel dicembre del 1996 incontrai Luca De Filippo che mi disse: Papà non basta più per raccontare questa città. Io ho scelto te!” Il testo che piaceva a Luca era ‘Lo scasso’ tratto da ‘Una vita posdatata’, mio libro d’esordio del ’91. Avrei dovuto farne una riduzione teatrale. Ma erano altri anni, c’erano troppi grilli per la testa, forse non ero neppure consapevole dell’investitura fattami da De Filippo o, forse spaventato, rinunciai.
Oggi con la consapevolezza della maturità, ho cercato di metabolizzare il cambiamento antropologico avvenuto negli ultimi vent’anni, ed ecco così che arriva Pascià, sguardo su una città ferita, devastata dalla crisi, guardata attraverso gli occhi dei giovani, delle loro intemperanze, le loro inquietudini, il loro malessere. Ho inquadrato questi giovani nell’ambito familiare, in un suk di emozioni, aneddoti, malapolitica, eventi, scaramanzie, sogni di supervincite, incontri con la piccola malavita, il desiderio di un futuro, un futuro migliore che però i giovani credono non passi attraverso l’onestà, descrivendo il vivere civile delle due famiglie, Guarracino e Sabatino, protagonisti piccolo piccolo borghesi che cercano di ostentare una appena decente parvenza di dignità. In una delle due famiglie c’è uno zio anziano, Pasquale (al tempo degli americani chiamato Pascià) che ha partecipato alle ‘4 giornate di Napoli’ e quel ricordo gli ha segnato la vita, l’anima e anche la testa, dal momento che racconta a tutti le sue gesta e quelle dei suoi compagni, creando spesso disattenzione e ilarità in chi lo sopporta. Ormai Napoli è cambiata, a nessuno importa più delle ‘4 giornate’, la città e il mondo hanno altre amare giornate con cui fare i conti.
E sarà proprio Pascià, con la sua storia, che si intersecherà con le vicende di suo nipote Salvatore, a far diventare epica la narrazione.
E ritorna quindi Eduardo De Filippo, invocato ed evocato nel finale allorquando, in seguito ad un fatto di sangue, si leva alto il desiderio di non aspettare più che la nottata passi, ma di agire e prendere un futuro onesto tra le mani, per potersi ridisegnare”.